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MarkMonitor ha pubblicato un’edizione speciale del Brandjacking Index® incentrata sui marchi di lusso. Dal rapporto emerge che presunti falsari attirano almeno 120 milioni di visite sui loro siti di e-commerce. Tale cifra corrisponde a quasi metà del traffico generato dai siti “punto com” legali che offrono i marchi di lusso oggetto dello studio.

Per redigere il rapporto MarkMonitor ha analizzato dati pubblici e ha usato i suoi algoritmi proprietari per esaminare cinque importanti marchi di lusso globali. Dai dati emerge che i truffatori sono riusciti a intercettare notevoli quantità di traffico durante la ricerca online di marchi di lusso, sconvolgendo così le tecniche di marketing legali basate sui motori di ricerca.

“Questi truffatori conoscono bene i mercati on-line e sono abili nel generare volumi di traffico elevati”, ha dichiarato Frederick Felman, CMO di MarkMonitor. “Questi impostori, che violano le norme in materia di condotta professionale, hanno creato un ecosistema on-line molto visibile specializzato in azioni criminali e frodi”.

Tra le più diffuse strategie di marketing basate sui motori di ricerca usate dai truffatori, si annoverano il cybersquatting, la Black Hat S.E.O. (Search Engine Optimization) e le truffe mediante ricerche a pagamento. Ciò comporta investimenti maggiori per le campagne di marketing interattive e perdita di traffico per i marchi. Lo cybersquatting continua a essere un metodo molto diffuso per intercettare il traffico su Internet: oltre 1100 siti includono uno dei cinque marchi di lusso nel nome del dominio con l’obiettivo di sfruttare il comportamento durante la navigazione diretta e ottimizzare le classifiche SEO. I truffatori inoltre investono nella “paid search advertising”; più di 50 commercianti sospetti hanno acquistato uno dei cinque marchi di lusso come parola chiave cercando di incanalare il traffico verso i loro siti utilizzando link sponsorizzati.

Oltre al marketing e ai mezzi di promozione impiegati dai truffatori on-line nel segmento dei prodotti di lusso, l’edizione speciale del Brandjacking Index ha esaminato anche i canali di e-commerce sospetti e ha identificato circa 6700 presunti venditori di cinque dei marchi usati nell’analisi. I siti di commercio all’ingrosso costituiscono il canale più utilizzato per attività fraudolente: circa 4000 fornitori hanno generato 12000 listing su 12 scambi B2B (business-to-business). Questi fornitori dichiaravano una capacità di produzione di migliaia di pezzi all’anno, alcuni addirittura di più di un milione. Lo studio ha inoltre individuato più di 1400 finti venditori che hanno generato circa 3600 listing su 10 scambi B2C (business-to-consumer), inclusi siti di aste e di annunci economici, e 1200 siti di e-commerce dedicati che offrono merci sospette.

La quantità di attività sospette rafforza i risultati dell’ultima Brandjacking Index Year in Review di MarkMonitor dalla quale è emerso che l’utilizzo illegale dei marchi di lusso ha registrato il maggiore incremento tra i settori verticali, con una crescita del 23% anno su anno.

Metodologia

Il Brandjacking Index è un rapporto indipendente redatto da MarkMonitor che studia e analizza l’utilizzo illecito on-line di marchi famosi. Il punto cardine del rapporto è il volume di dati pubblici analizzati da MarkMonitor con i suoi algoritmi proprietari: per creare il Brandjacking Index infatti non vengono utilizzati dati o informazioni proprietarie di nessun cliente. Questa edizione speciale del Brandjacking Index ha portato a conclusioni basate sui dati provenienti dai principali motori di ricerca, marketplace, registrazioni Whois e stime del traffico Alexa.

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