Google Chrome fornirà presto agli utenti l’opzione di attivare la modalità Do Not Track per navigare sul web. Il cambiamento è iniziato da Febbraio, quando Google ha aderito a fornire il supporto a tale standard, e Chrome sarà l’ultimo dei grandi browser ad implementare questa funzionalità: la tempistica non sorprende, considerando come Google sia dipendente dalla pubblicità online per una grande parte dei propri introiti.

Quando è attiva, la modalità do-not-track invia una richiesta al server web che si sta visitando, di non collezionare informazioni circa la navigazione per scopi di tracciamento o di pubblicità: l’idea è quella di attivare un pulsante per assicurarsi che la propria privacy sia interamente rispettata. Di contro, le compagnie di pubblicità online hanno mosso impedimenti e critiche a questo nuovo modo di vivere internet. Il settore teme che lo standard potrebbe distruggere i loro affari.

Su questa situazione pende anche la mossa di Microsoft, che ha deciso non solo di adottare lo standard, ma di renderlo il comportamento di default di Internet Explorer 10, causando grandi critiche. Anche Apache si è introdotto nella discussione, al contrario annunciando che i suoi server ignoreranno le richieste di Do-Not-Track di Internet Explorer 10 dato che la scelta di renderlo un comportamento predefinito va contro la natura volontaria per il quale è nato lo standard.

La materia è quindi complicata: la funzione Do Not Track migliora certamente la sensazione degli utenti, ma le compagnie che guadagnano tramite la pubblicità non gradiscono affatto l’inevitabile diminuzione di introiti dovuti all’uso, si suppone massiccio, della navigazione anonima: come sempre avviene, ciascuno muove le critiche e mette in luce gli aspetti che interessano unicamente al proprio scopo, ed agli utenti finali, che si identificano con i clienti, spetta la decisione su cosa fare con il proprio tempo online almeno per una volta non avendo la sensazione di essere spiati durante la navigazione.

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