Nell’arco di due settimane, l’esperimento ha dimostrato che il 94% di coloro che hanno ricevuto una richiesta di amicizia da una ragazza che non conoscevano ha accettato senza avere idea di chi fosse veramente l’utente. Di questi, il 13% si è almeno chiesto se avesse conosciuto personalmente la ragazza o meno. L’esperimento ha rivelato che gli utenti più vulnerabili sembrano essere proprio i dipendenti del settore IT, che rappresentano più dell’86% del totale, e tra cui, il 31% lavora proprio nel settore della sicurezza informatica.
Dopo mezz’ora di conversazione, il 10% ha condiviso con la ragazza bionda informazioni personali sensibili (indirizzo, numero di telefono, nomi dei genitori, eccetera), informazioni che in genere vengono richieste come risposta ad una domanda di recupero della password. Dopo due ore, invece, il 73% ha rivelato informazioni confidenziali riguardanti il proprio posto di lavoro, come strategie, piani futuri o software e tecnologie non ancora in distribuzione.
“La strana reazione dei lavoratori della sicurezza informatica messa a confronto con le possibili minacce alla privacy, come quelle descritte nell’esperimento, contraddice in buona parte l’atteggiamento generale nei confronti di questo problema, considerando che quasi tutte le aziende di sicurezza pongono l’attenzione sui rischi associati ai social network. In altre parole, è come se le buone abitudini e i regolamenti vengano semplicemente dimenticati proprio in un ambiente in cui dovrebbero essere più rigidi che altrove”
afferma Sabina Datcu, BitDefender E-Threat Analysis and Communication Specialist, autrice dell’esperimento.
“La parte più interessante”,
continua Datcu,
“è il fatto che ciò che le persone probabilmente non farebbero mai durante una conversazione nella vita reale succede apertamente al riparo del presunto anonimato che può fornire la rete. Concetti come privacy o riservatezza si offuscano nella mente di alcuni utenti quando chattano online, anche se gli stessi utenti probabilmente non menzionerebbero determinati argomenti se incontrassero lo stesso interlocutore di persona”,
conclude Datcu.
Ulteriori dettagli sull’esperimento sono disponibili su www.malwarecity.com, un’iniziativa di BitDefender per la sicurezza informatica e una risorsa gratuita per chi sia interessato alla sicurezza online.
Nessuna informazione primate ricavata dallo studio verrà divulgata o utilizzata contro le persone che l’hanno condivisa. Nessuna informazione confidenziale verrà divulgata o utilizzata per scopi personali. Il contenuto delle informazione non è stato raccolto.